Il sito, attualmente in provincia di Siena, è posto in una posizione centrale e strategica dell’entroterra toscano: a relativa poca distanza dai centri di Volterra (nel di cui territorio, quale villa longinqua, è possibile si collocasse in antico) e Saena Iulia, lungo il corso del torrente Fosci (affluente del fiume Elsa), costeggiato in età medievale dalla via Francigena, il cui tracciato, nella stretta valle ove sorge la villa, sembra ricalcare precedenti, antichi percorsi regionali.
Quanto alla datazione, gli scavi hanno permesso d’individuare un’estesa e lussuosa villa di cui, ad ora, sono stati documentati cinque periodi di vita: la fondazione del complesso, fine III – prima metà IV secolo d.C.; una monumentale riorganizzazione dell’intero insediamento che lo trasforma in un vero unicum architettonico, seconda metà IV – seconda metà V secolo d.C.; abbandono del sito, alla fine dell’evo antico, fine V – metà VI secolo d.C., come struttura residenziale ed impianto di attività di spoglio degli arredi e dei materiali da costruzione ai fini di riciclaggio e produzione; tra la seconda metà del VI e la prima metà del VII secolo d.C. la villa progressivamente termina di essere utilizzata come contesto produttivo e quindi abbandonata; l’ultima fase, corrisponde al XX secolo.
Il nucleo più consistente dei frammenti riconducibili ai sectilia vitrei in esame, oltre 1.600 in tutto, è stato rinvenuto in uno spazio aperto utilizzato come luogo di accumulo-scarico di materiali di risulta provenienti dalla parte occidentale della villa tardoantica, a ridosso di un monumentale corridoio d’accesso alla “sala triabsidata”. È estremamente probabile che anche i vetri fossero stati trasferiti in quest’area per essere fusi e riutilizzati nell’ambito di un sistematico processo di spoglio del complesso che il ritrovamento di una moneta emessa da Atalarico a nome di Giustiniano e rinvenuta proprio in questa parte dello scavo consente di datare al VI secolo avanzato.
Stato di conservazione
Da una prima indagine visiva dei frammenti, parzialmente ricoperti di residui terrosi, è stato necessario eseguire una pulitura delicata dei medesimi per agevolare il complesso lavoro di ricerca quando ancora mancavano tutte le indicazioni necessarie per approntare una metodologia ricostruttiva dei sectilia. Per questo motivo è stato indispensabile trasferire in laboratorio i più di milleseicento frammenti disponendoli su piani mobili.
Lo stato di conservazione generale dei vetri é mediamente buono, ad esclusione di pochi frammenti, lavorati finemente per rappresentare alcuni pesci, che mostrano evidenti ossidazioni, perdita parziale di materiale e consunzione dei bordi perimetrali. Le cause principali che ne hanno determinato il degrado, se si esclude la composizione chimica dei componenti di base, sono principalmente da imputare all’ambiente alcalino terroso della giacitura.
Tra le altre forme di degrado si segnalano: iridescenze, alveolizzazioni, distorsioni, parziale rifusione, concrezioni e scagliature.
Si è proceduto con un’accurata spolveratura dei frammenti mediante pennelli a setole morbide di piccole dimensioni, procedendo poi alla rimozione localizzata dei depositi di natura incoerente presenti all’interno delle piccole cavità mediante micro-aspiratore. Questa prima fase ha consentito di verificare lo stato di conservazione dei diversi sectilia e di definire conseguentemente modalità di pulitura differenziate.
Per quanto attiene alcuni frammenti, particolarmente delicati e alterati, si è ritenuto di evitare interventi sia meccanici che chimici per non rischiare possibili distacchi o piccole perdite di materiale; mentre sulle superfici e sui perimetri dei frammenti che si presentavano in buono stato di conservazione, avendo eseguito gli opportuni saggi preliminari, si è intervenuti con tamponi di cotone idrofilo imbevuti di alcool etilico decolorato.
Ricomposizione
A pulitura ultimata, i sectilia vitrei sono stati suddivisi in base alle loro caratteristiche intrinseche, ovvero in funzione delle cromie e degli eventuali riferimenti iconografici, verificando la grande varietà dei frammenti e definendo un primo riordino degli stessi.
È stata quindi eseguita la catalogazione dettagliata di tutti i singoli sectilia, dopodiché questi sono stati riposti su ripiani mantenendo la suddivisione definita.
La fase di ricomposizione si è concentrata sui sectilia che presentavano pesci ed elementi caratteristici, accostabili fra loro anche parzialmente, mentre alcuni frammenti sono apparsi totalmente disgiunti fra loro e isolati.
Grazie agli elementi individuati in fase di studio, è stato così possibile accorpare frammenti anche non perfettamente combacianti ma affini per colore, spessore, forma o tecnica esecutiva. Ne è derivata la ricomposizione di un primo pesce, identificato ipoteticamente come un’orata.
Alla luce di questo primo risultato, plausibile e convincente, si è proseguito con l’identificazione di altri pesci e molluschi, come qui di seguito sintetizzato:
Pesci con i frammenti corrispondenti
I pesce: n.14 frammenti - II pesce: n. 8 frammenti - III pesce: n. 7 frammenti - IV pesce: n. 3 frammenti – V pesce: n. 2 frammenti
Seppie con i frammenti corrispondenti
I seppia: n. 4 frammenti - II seppia: n. 2 frammenti - III seppia: n. 2 frammenti
Supporti conservativi
Per facilitare la conservazione e lo spostamento dei frammenti sono stati impiegati dei pannelli in carton plume di circa 3 mm di spessore preventivamente sagomati per permettere l’alloggiamento di ogni singolo frammento. Grazie a questa procedura è stato possibile evitare l’utilizzo di colle e di pellicole adesive e realizzare un intervento progressivamente modificabile e totalmente reversibile. In fine, per salvaguardare i sectilia durante il trasporto e assicurarne il ricovero in sicurezza, sono stati quindi progettati e realizzati diciotto contenitori costituiti di più strati a sandwich ricoverati in un contenitore di alluminio imbottito internamente.